La cina si prepara a diventare produttore di caffè

Da secoli associata alla produzione e al consumo del tè, prima per scopi terapeuci, in seguito religiosi e più recentemente prettamente culturali, la Cina si sta ora aprendo alla produzione e promozione, nonchè al consumo,  di un’altra bevanda, tradizionalmente estranea alle culture asiatiche, il caffè.

La Cina si vede, sta cambiando e si occidentalizza. Le statistiche indicano che il ceto medio costituirà, entro il 2020, il 40% della popolazione cinese. Il crescere della middle class porta importanti cambiamenti culturali e antropologici, che uniti alle crescenti disponibilità economiche delle famiglie, contribuiscono all’espansione dei consumi nel fuori casa con un forte aumento registrato negli ultimi anni dalla ristorazione.

Secondo Mintel entro il 2019 il valore del business dei ristoranti a servizio completo in Cina (esclusi i fast-food) raggiungerà i 390 miliardi di euro. Inoltre, quando vanno a cena fuori, i cinesi tendono a scegliere sempre più spesso il cibo occidentale. Cibo occidentalizzato e inizio di consumo di caffè.

Dilagano i ristoranti, specie nei centri urbani. Shanghai “guida” con 58.750 ristoranti di dieci tipologie diverse di cucina regionale e 11 tipologie di cucina internazionale, seguita da Pechino, Guangzhou e Shenzhen.

Attualmente  lo Yunnan produce il 95% del caffè prodotto in Cina, con una produzione che si aggira intorno alle 98mila tonnellate annue, secondo le statistiche più recenti.

Lo Yunnan offre tutti i presupposti per una produzione di qualità, seppur ancora in fase di sperimentazione e miglioramento: clima soleggiato, piogge abbondanti, adeguata escursione termica tra giorno e notte ed altitudini che si aggirano tra i 1.000 e i 2.000 metri.

L’International Coffee Trade Center dello Yunnan, si sta quindi lanciando nel mercato internazionale presentandosi come promettente bacino di produzione e mercato per multinazionali come Starbucks, che ha rivelato la sua intenzione di aprirvi ben 3.000 punti vendita, o Nestlè, che fin dagli anni Ottanta ha instaurato collaborazioni con i produttori locali per la produzione di caffè solubile.

Il trend degli ultimi anni sembrerebbe comunque quello che conduce i produttori locali all’emancipazione dai brand internazionali e alla formazione di brand locali e prestigiosi, che rivalutano il terroir, le differenti tipologie di caffè in base al cultivar o ai processi di tostatura e fermentazione e, ultimo ma non meno importante, che offrono maggiori rendite ai protagonisti coinvolti negli anelli iniziali della catena produttiva

Per quanto riguarda la concorrenza sul mercato, la Cina sembra volersi ritagliare una fetta nel mercato asiatico piuttosto che in quello occidentale, il che la porterebbe a collaborare, più che entrare in competizione, con le maggiori istituzioni già in campo. L’International Coffee Trade Center dello Yunnan, sta attualmente collaborando con la Specialty Coffee American Association (SCAA) e con il Coffee Quality Institute per la formazione di esperti nel settore in grado di riconoscere il caffè di qualità. L’obiettivo è destinare il caffè selezionato ad un mercato più prestigioso, separandolo e distinguendolo così da un produzione di qualità media, adatta alla trasformazione in caffè solubile o all’industria alimentare.

Il Vietnam, secondo produttore mondiale di caffè dopo il Brasile, non sembra essere un temibile concorrente: la sua produzione si limiterebbe alla varietà cosiddetta “robusta”, mentre la Cina sta puntando ad eccellere nella produzione di “arabica”. La promessa economica per i produttori deriverebbe dalla possibilità di avere ben tre raccolti l’anno calendarizzati in momenti diversi da quello del tè, cosa che consente di affiancare le due coltivazioni, e di beneficiare di aiuti provenienti dal governo provinciale, che sta investendo molto sul lancio commerciale dello Yunnan.

Pochi anni e forse, anche in Italia, inizieremo a bere anche il caffè Cinese!